Che razza di coraggio ci vuole

a svilupparsi in questo pantano di vita.

 

Ce ne vuole una caterva sconfinata

di bilioni e bilioni di illusioni,

mentre, per morire, ne basta una, una soltanto:

sapere, per falso o per certo,

che sei vivo in qualche modo,

in qualche anfratto, senza corpo conosciuto,

in ombra, in essenza, in pensiero,

o magari anche solo in sentimento,

ma fottutamente, stramaledettamente vivo.

 

Cominciamo bene non ti pare?

Questa convivenza di pensieri

dice il suo bel buongiorno di brutale verità.

 

Non è contraddittorio?

L’introduzione è quasi una imprecazione

alla durezza della vita.

La conclusione è il modo più banale

per dissacrare la paura della morte,

con la prospettiva di richiudersi

esultanti in una nuova vita.

 

Quale poi sarà è da vedere

e da capire, chiedendosi, comunque,

se quell’esistere varrà tutto il peso,

lo spessore e il sapore di quella esperienza

che noi siamo abituati a chiamare vita.

 

L’unica cosa che affascina in questo pensiero,

è la sua taciuta conclusione:

“Noi tutti “umani” adoriamo vivere”.

 

Considerando le variegate esistenze

di centinaia di miliardi di esseri “Umani”

viene da domandarsi: ma perché se ne ostinano?

 

Storpi, ammalati, affamati, diseredati, poveri,

sfruttati, maltrattati, ingiuriati, prevaricati,

violentati, non amati, e non continuo solo per ignoranza,

perché me ne sfuggono le catalogazioni

in base alle diverse sofferenze di cui si è composta,

si dispone e si realizzerà

la loro breve esperienza nel paradiso terrestre.

 

Eppure, nonostante ciò, da ognuno di loro,

partendo dai silenzi del cuore,

pieno di speranza, innamorato di fiducia,

si avvia, nella scalata del cielo,

alla ricerca del Dio del Sempre,

questo grido, questa preghiera:

“Io voglio vivere”.

“Io voglio vivere”.

“Io voglio vivere”.

 

Che razza di coraggio ci vuole

a svilupparsi in questo pantano di vita.

Ce ne vuole una caterva sconfinata

di bilioni e bilioni di illusioni,

 

Eppure Storpi, ammalati, affamati, diseredati, poveri,

sfruttati, maltrattati, ingiuriati, prevaricati,

violentati, non amati,

da ognuno di loro,

partendo dai silenzi del cuore,

pieno di speranza, innamorato di fiducia,

si avvia, nella scalata del cielo,

alla ricerca del Dio del Sempre,

questo grido, questa preghiera:

“Io voglio vivere”.

“Io voglio vivere”.

“Io voglio vivere”.

 

 

 

 

 

I want to live

 

What kind of courage does it take

to thrive in this quagmire of life?

 

It takes a boundless horde

of billions and billions of illusions,

while, to die, just one is enough:

knowing, falsely or for certain,

that you are alive somehow,

in some crevice, without a known body,

in shadow, in essence, in thought,

or maybe even just in feeling,

but fucking, damned alive.

 

We're off to a good start, aren't we?

This coexistence of thoughts

says its beautiful good morning of brutal truth.

 

Isn't that contradictory?

The introduction is almost a curse

to the harshness of life.

The conclusion is the most banal way

to desecrate the fear of death,

with the prospect of closing ourselves

exultantly into a new life.

 

What it will be remains to be seen

and understood, wondering, in any case,

whether that existence will be worth all the weight,

the depth, and the flavor of that experience

that we are accustomed to calling life.

 

The only thing fascinating about this thought

is its unspoken conclusion:

"We all 'humans' love to live."

 

Considering the varied existences

of hundreds of billions of 'human' beings,

one wonders: why do they persist?

 

Crippled, sick, hungry, disinherited, poor,

exploited, mistreated, insulted, abused,

raped, unloved—and I'm not going on just out of ignorance,

because I can't categorize them,

based on the various sufferings that compose it,

their brief experience in earthly paradise is arranged and will be realized.

 

Yet, despite this, from each of them,

starting from the silences of the heart,

full of hope, in love with trust,

there begins, climbing the heavens,

in search of the God of Forever,

this cry, this prayer:

"I want to live."

"I want to live."

"I want to live."

 

What kind of courage does it take

to thrive in this quagmire of life?

 

It takes a boundless horde

of billions and billions of illusions,

 

And yet, crippled, sick, hungry, disinherited, poor,

exploited, mistreated, insulted, abused,

raped, unloved,

by each of them,

starting from the silences of the heart,

full of hope, in love with trust,

sets out, climbing the sky,

in search of the God of Forever,

this cry, this prayer:

"I want to live."

"I want to live."

"I want to live."