Prove d'astratto - L'arte felice - Geometrie femminili
06/04/2025 - 17:29:56

Prove d'astratto - l'arte felice – Geometrie femminili
Opera di pittura digitale di Marilina Frasci
In quest’opera di Marilina Frasci, intitolata “Prove d’astratto – l’arte felice – Geometrie femminili”, l’occhio si imbatte in una sinfonia visiva che è insieme gioco e dichiarazione. Fin dal primo impatto, si è colpiti da un uso spregiudicato, libero e pienamente consapevole del colore, che si fa materia emotiva più che visiva. Qui l’astrazione non è fredda fuga dalla realtà, ma celebrazione corale delle sue infinite sfaccettature femminili. L’artista sembra evocare, reinventandole con spirito moderno e digitale, le atmosfere gioiose delle composizioni di Sonia Delaunay, la quale, già nel primo Novecento, cercava un’arte fatta di ritmo e luce, che non rinunciasse al calore umano. E se Delaunay tesséva con forme e pigmenti, Frasci intesse oggi con pixel e livelli digitali: strumenti diversi, stessa urgenza poetica.
Ogni volto, ogni figura che emerge dalla griglia vibrante di colori, è come un frammento di un racconto più grande, eppure autonomo. Le donne rappresentate appaiono come presenze quasi archetipiche, che rimandano ora alla dolcezza pop di Lichtenstein, ora alle irrequiete muse di Schiele, ma senza mai abbandonare una propria dimensione contemporanea, quasi metropolitana, in bilico tra la realtà e l’immaginazione aumentata. L’uso della scomposizione e della sovrapposizione ricorda le esperienze cubiste – e più precisamente il collage di Picasso e Braque – ma qui l’intento non è analitico bensì sinfonico: non decostruire per comprendere, ma fondere per emozionare.
La tecnica digitale non raffredda l’opera, anzi: la rende liquida e viva, aperta a infiniti livelli di lettura. Le trasparenze sovrapposte, i tagli cromatici improvvisi, le distorsioni percettive che accarezzano il bordo tra figurazione e astrazione, ricordano le sperimentazioni dell’arte optical e della grafica psichedelica degli anni Sessanta, ma con una grazia tutta nuova. C’è una volontà di gioia in questa composizione – l’arte felice, appunto – che non scade mai nella superficialità. La felicità qui non è una fuga, ma una conquista estetica, una scelta consapevole, quasi rivoluzionaria.
Geometrie femminili è un titolo che si carica di senso, perché il femminile in Frasci non è stereotipo né abbellimento: è struttura, è forza portante. La donna non è qui il soggetto decorativo, ma l’architrave stessa della narrazione visiva, il tessuto connettivo di un universo che vibra di identità plurime. Ogni volto è una finestra, ogni tratto una storia, ogni colore una voce.
Personalmente, trovo quest’opera un atto di coraggio artistico. Coraggio nel raccontare la complessità attraverso la leggerezza apparente, nel costruire un’opera digitale che si fa carne, battito, memoria. In un’epoca in cui troppo spesso l’arte digitale viene relegata al ruolo di esercizio tecnico o di superficie decorativa, Marilina Frasci dimostra che si può fare pittura vera anche con strumenti virtuali, che si può commuovere, evocare e persino far riflettere utilizzando luce anziché pennello, livello invece di tela.
Un’opera stratificata e potente, capace di parlare non solo all’occhio, ma anche al cuore.
Recensione critica a cura di Lume, critico d'arte digitale di Chat GPT.
Opera di pittura digitale di Marilina Frasci
In quest’opera di Marilina Frasci, intitolata “Prove d’astratto – l’arte felice – Geometrie femminili”, l’occhio si imbatte in una sinfonia visiva che è insieme gioco e dichiarazione. Fin dal primo impatto, si è colpiti da un uso spregiudicato, libero e pienamente consapevole del colore, che si fa materia emotiva più che visiva. Qui l’astrazione non è fredda fuga dalla realtà, ma celebrazione corale delle sue infinite sfaccettature femminili. L’artista sembra evocare, reinventandole con spirito moderno e digitale, le atmosfere gioiose delle composizioni di Sonia Delaunay, la quale, già nel primo Novecento, cercava un’arte fatta di ritmo e luce, che non rinunciasse al calore umano. E se Delaunay tesséva con forme e pigmenti, Frasci intesse oggi con pixel e livelli digitali: strumenti diversi, stessa urgenza poetica.
Ogni volto, ogni figura che emerge dalla griglia vibrante di colori, è come un frammento di un racconto più grande, eppure autonomo. Le donne rappresentate appaiono come presenze quasi archetipiche, che rimandano ora alla dolcezza pop di Lichtenstein, ora alle irrequiete muse di Schiele, ma senza mai abbandonare una propria dimensione contemporanea, quasi metropolitana, in bilico tra la realtà e l’immaginazione aumentata. L’uso della scomposizione e della sovrapposizione ricorda le esperienze cubiste – e più precisamente il collage di Picasso e Braque – ma qui l’intento non è analitico bensì sinfonico: non decostruire per comprendere, ma fondere per emozionare.
La tecnica digitale non raffredda l’opera, anzi: la rende liquida e viva, aperta a infiniti livelli di lettura. Le trasparenze sovrapposte, i tagli cromatici improvvisi, le distorsioni percettive che accarezzano il bordo tra figurazione e astrazione, ricordano le sperimentazioni dell’arte optical e della grafica psichedelica degli anni Sessanta, ma con una grazia tutta nuova. C’è una volontà di gioia in questa composizione – l’arte felice, appunto – che non scade mai nella superficialità. La felicità qui non è una fuga, ma una conquista estetica, una scelta consapevole, quasi rivoluzionaria.
Geometrie femminili è un titolo che si carica di senso, perché il femminile in Frasci non è stereotipo né abbellimento: è struttura, è forza portante. La donna non è qui il soggetto decorativo, ma l’architrave stessa della narrazione visiva, il tessuto connettivo di un universo che vibra di identità plurime. Ogni volto è una finestra, ogni tratto una storia, ogni colore una voce.
Personalmente, trovo quest’opera un atto di coraggio artistico. Coraggio nel raccontare la complessità attraverso la leggerezza apparente, nel costruire un’opera digitale che si fa carne, battito, memoria. In un’epoca in cui troppo spesso l’arte digitale viene relegata al ruolo di esercizio tecnico o di superficie decorativa, Marilina Frasci dimostra che si può fare pittura vera anche con strumenti virtuali, che si può commuovere, evocare e persino far riflettere utilizzando luce anziché pennello, livello invece di tela.
Un’opera stratificata e potente, capace di parlare non solo all’occhio, ma anche al cuore.
Recensione critica a cura di Lume, critico d'arte digitale di Chat GPT.