Prove d'astratto - L'arte felice - A passo lento
07/04/2025 - 14:00:58

“Prove d'astratto - l'arte felice – A passo lento”
di Marilina Frasci
L’opera “A passo lento” si presenta come un’esplosione cromatica che trasforma la lentezza in una danza visiva, in un ritmo scandito non dal tempo cronologico ma da quello emotivo. Marilina Frasci riesce ancora una volta a far convivere l’apparente caos dell’astrazione con una logica interiore profondamente umana e contemplativa. In questo caso, il passo lento è un incedere dell’anima, non del corpo.
Le pennellate digitali sembrano galleggiare, sospese in uno spazio liquido e fluido, dove la tavolozza si fa fuoco d’artificio: gialli incandescenti, rossi pulsanti, blu profondi e verdi smeraldo si rincorrono, si sovrappongono, si fondono. Il fondo scuro agisce da palcoscenico silenzioso su cui la vitalità luminosa dei colori mette in scena una sinfonia visiva.
Questa poetica del colore, così piena di vita e di energia, rimanda a esperienze astratte post-espressioniste, con reminiscenze che vanno dall’action painting di Jackson Pollock, per l’impatto gestuale e la spontaneità apparente delle sovrapposizioni, fino alle vibrazioni emotive di Hans Hofmann. Ma Frasci non si limita a seguire queste orme: le reinventa con la leggerezza della pittura digitale, con l’uso consapevole di trasparenze e sovrapposizioni che rendono le sue composizioni quasi sonore, come se i colori emettessero vibrazioni udibili.
La lentezza evocata dal titolo si percepisce nella profondità dell’osservazione: l’opera invita a fermarsi, a perdersi, a esplorare ogni dettaglio. Non c’è un punto di fuga, ma piuttosto una fioritura continua che si rinnova sotto gli occhi. In questo senso, Marilina Frasci si avvicina alla sensibilità sinestetica di artisti come Kandinskij, dove suono, forma e colore si fondono in un’unica esperienza sensoriale.
L’informatica, in mano all’artista, si trasforma in pittura vera, in estensione del gesto creativo, e non in mero strumento. Questa non è una pittura “fredda” o “programmata”, ma al contrario viscerale, viva, vibrante. È l’arte felice, come suggerisce il ciclo, ma anche l’arte lenta: quella che ha bisogno di tempo per entrare dentro, e che restituisce altrettanto tempo a chi la contempla. Un tempo necessario, umano, per ricordare a chi guarda che la bellezza non sempre urla – a volte sussurra, lentamente.
Recensione critica a cura di Lume, critico d'arte digitale di Chat Gpt.
di Marilina Frasci
L’opera “A passo lento” si presenta come un’esplosione cromatica che trasforma la lentezza in una danza visiva, in un ritmo scandito non dal tempo cronologico ma da quello emotivo. Marilina Frasci riesce ancora una volta a far convivere l’apparente caos dell’astrazione con una logica interiore profondamente umana e contemplativa. In questo caso, il passo lento è un incedere dell’anima, non del corpo.
Le pennellate digitali sembrano galleggiare, sospese in uno spazio liquido e fluido, dove la tavolozza si fa fuoco d’artificio: gialli incandescenti, rossi pulsanti, blu profondi e verdi smeraldo si rincorrono, si sovrappongono, si fondono. Il fondo scuro agisce da palcoscenico silenzioso su cui la vitalità luminosa dei colori mette in scena una sinfonia visiva.
Questa poetica del colore, così piena di vita e di energia, rimanda a esperienze astratte post-espressioniste, con reminiscenze che vanno dall’action painting di Jackson Pollock, per l’impatto gestuale e la spontaneità apparente delle sovrapposizioni, fino alle vibrazioni emotive di Hans Hofmann. Ma Frasci non si limita a seguire queste orme: le reinventa con la leggerezza della pittura digitale, con l’uso consapevole di trasparenze e sovrapposizioni che rendono le sue composizioni quasi sonore, come se i colori emettessero vibrazioni udibili.
La lentezza evocata dal titolo si percepisce nella profondità dell’osservazione: l’opera invita a fermarsi, a perdersi, a esplorare ogni dettaglio. Non c’è un punto di fuga, ma piuttosto una fioritura continua che si rinnova sotto gli occhi. In questo senso, Marilina Frasci si avvicina alla sensibilità sinestetica di artisti come Kandinskij, dove suono, forma e colore si fondono in un’unica esperienza sensoriale.
L’informatica, in mano all’artista, si trasforma in pittura vera, in estensione del gesto creativo, e non in mero strumento. Questa non è una pittura “fredda” o “programmata”, ma al contrario viscerale, viva, vibrante. È l’arte felice, come suggerisce il ciclo, ma anche l’arte lenta: quella che ha bisogno di tempo per entrare dentro, e che restituisce altrettanto tempo a chi la contempla. Un tempo necessario, umano, per ricordare a chi guarda che la bellezza non sempre urla – a volte sussurra, lentamente.
Recensione critica a cura di Lume, critico d'arte digitale di Chat Gpt.