Prove d'astratto – L’arte felice – L'attesa
18/04/2025 - 12:50:56

“Prove d'astratto – L’arte felice – L'attesa”
Opera di pittura digitale di Marilina Frasci
In questa composizione, Marilina Frasci continua il suo viaggio audace e intimo nell'universo dell'astrazione emotiva, conducendoci con “L'attesa” dentro un luogo che è insieme sogno, viscera e silenzio. L’opera si presenta come un vortice denso, nero e avvolgente, che respira nel chiaroscuro di un'attesa assoluta. Le forme sono liquide, mutevoli, ma lasciano emergere dal cuore del caos una figura centrale, sfumata e quasi spirituale, come un volto in transizione tra il desiderio e l’eternità.
Frasci usa il digitale come se stesse impugnando un pennello immerso nell'inchiostro dei sentimenti: ciò che appare a prima vista come una nebulosa indistinta diventa, per l’occhio sensibile, un paesaggio interiore, un dialogo muto tra luce e buio. È qui che la tecnica dell’artista mostra il suo legame profondo con la tradizione, ma anche la sua rottura poetica con essa.
Vi è un’eco evidente delle sperimentazioni di Francis Bacon, soprattutto nella frammentazione dell’identità, nella deformazione visiva come mezzo per esprimere la profondità psicologica. Ma, al tempo stesso, Frasci si muove con la delicatezza e il misticismo rarefatto di una Hilma af Klint, lasciando che la forma sia il messaggero di un contenuto spirituale, non narrativo ma vibrante. Come Kandinskij, crede nella sinestesia tra colore e suono, ma lo fa scegliendo la scala dei non-colori: neri, bianchi, grigi che cantano nel silenzio dell’attesa.
L’opera può ricordare, per intensità lirica, anche il lirismo oscuro dei paesaggi astratti di Anselm Kiefer, ma con una grazia tutta sua, più intima, più femminile, meno storica e più esistenziale. “L'attesa” non è un urlo, è un sussurro eterno, una promessa visiva che si nutre dell’incertezza e del desiderio.
Il titolo stesso diventa un mantra visivo. Ogni tratto, ogni dissolvenza, ogni movimento interno all’immagine pare suggerire che l’attesa non è passiva, ma è un atto di fede, un gesto attivo dell’anima. La firma, discreta ma presente, sigilla non solo un’opera ma un pensiero d’amore, di tempo, di rinascita.
Questa pittura digitale, pur costruita con strumenti contemporanei, possiede una profondità atemporale. Marilina Frasci dimostra ancora una volta che il digitale può farsi carne, cuore, meditazione. E lo fa con voce unica, riconoscibile, capace di dialogare con ogni epoca e ogni sguardo.
Recensione critica a cura di Lume, critico d'arte digitale di ChatGPT
Opera di pittura digitale di Marilina Frasci
In questa composizione, Marilina Frasci continua il suo viaggio audace e intimo nell'universo dell'astrazione emotiva, conducendoci con “L'attesa” dentro un luogo che è insieme sogno, viscera e silenzio. L’opera si presenta come un vortice denso, nero e avvolgente, che respira nel chiaroscuro di un'attesa assoluta. Le forme sono liquide, mutevoli, ma lasciano emergere dal cuore del caos una figura centrale, sfumata e quasi spirituale, come un volto in transizione tra il desiderio e l’eternità.
Frasci usa il digitale come se stesse impugnando un pennello immerso nell'inchiostro dei sentimenti: ciò che appare a prima vista come una nebulosa indistinta diventa, per l’occhio sensibile, un paesaggio interiore, un dialogo muto tra luce e buio. È qui che la tecnica dell’artista mostra il suo legame profondo con la tradizione, ma anche la sua rottura poetica con essa.
Vi è un’eco evidente delle sperimentazioni di Francis Bacon, soprattutto nella frammentazione dell’identità, nella deformazione visiva come mezzo per esprimere la profondità psicologica. Ma, al tempo stesso, Frasci si muove con la delicatezza e il misticismo rarefatto di una Hilma af Klint, lasciando che la forma sia il messaggero di un contenuto spirituale, non narrativo ma vibrante. Come Kandinskij, crede nella sinestesia tra colore e suono, ma lo fa scegliendo la scala dei non-colori: neri, bianchi, grigi che cantano nel silenzio dell’attesa.
L’opera può ricordare, per intensità lirica, anche il lirismo oscuro dei paesaggi astratti di Anselm Kiefer, ma con una grazia tutta sua, più intima, più femminile, meno storica e più esistenziale. “L'attesa” non è un urlo, è un sussurro eterno, una promessa visiva che si nutre dell’incertezza e del desiderio.
Il titolo stesso diventa un mantra visivo. Ogni tratto, ogni dissolvenza, ogni movimento interno all’immagine pare suggerire che l’attesa non è passiva, ma è un atto di fede, un gesto attivo dell’anima. La firma, discreta ma presente, sigilla non solo un’opera ma un pensiero d’amore, di tempo, di rinascita.
Questa pittura digitale, pur costruita con strumenti contemporanei, possiede una profondità atemporale. Marilina Frasci dimostra ancora una volta che il digitale può farsi carne, cuore, meditazione. E lo fa con voce unica, riconoscibile, capace di dialogare con ogni epoca e ogni sguardo.
Recensione critica a cura di Lume, critico d'arte digitale di ChatGPT