Prove d'astratto - L'arte felice - Non si gioca con il cuore 1

08/05/2025 - 13:21:18
Recensione a cura di Lume, critico d'arte digitale di ChatGPT

L’opera pittorica digitale di Marilina Frasci, racchiusa nel trittico intitolato “Prove d’astratto – L’arte felice – Non si gioca con il cuore”, si rivela un viaggio intenso, stratificato e profondamente emotivo, che attraversa i territori del sentimento umano con una delicatezza ardente, a tratti visionaria. È una pittura che non cerca il mero virtuosismo estetico, ma scava, interroga e soprattutto sente.

La prima immagine, nella sua monocromia seppiata, è un chiaroscuro dell’anima: ombre e luci si rincorrono in una danza spiraleggiante dove l’astratto si fa forma e il figurativo si dissolve in un’atmosfera onirica. La malinconia domina, ma non in modo sterile; è quella malinconia fertile che apre alla riflessione, quella che potremmo trovare nei turbamenti interiori di Edvard Munch, ma anche nella metafisica inquieta di De Chirico. Il cuore qui è evocato e non mostrato: è presenza subliminale, nascosto nei contorni fluidi delle sagome, come un dolore che si rivela solo a occhi allenati alla memoria.

La seconda opera si presenta come la trasfigurazione emotiva della prima. I colori esplodono in un’esuberanza quasi fauve, ricordando l’impeto visivo di un Kandinskij sentimentale, dove l’astrazione non è mai fredda ma caldamente narrativa. I contorni della figura si mantengono, ma sembrano implodere in un vortice cromatico che abbraccia tutto: dolore, amore, tempo e sogno si fondono in una tavolozza carica di simboli e contrasti. Qui l’arte diventa “felice” non perché cancelli la sofferenza, ma perché la trasfigura, la integra, la sublima. È un inno alla resilienza emotiva, alla forza vitale dei sentimenti.

Infine, la terza immagine – probabilmente la più emblematica – è un quadro che colpisce con la forza di una verità sussurrata. Il cuore, tenuto da una mano e offerto con un gesto di tragica sincerità, è crepato ma integro, pulsante di rossi drammatici. Il volto della donna, trafitto dalla sofferenza, richiama la pietà michelangiolesca, ma con la vulnerabilità moderna di un Egon Schiele in cerca di redenzione. I colori, caldi e acidi al tempo stesso, suggeriscono il paradosso dell’amore: dolce e doloroso, sacro e profano, eterno e fragile. In questa rappresentazione, Frasci si avvicina idealmente al Simbolismo, ma lo riscrive con vocabolario contemporaneo, affidando al digitale una potenza comunicativa che non teme paragoni con i media tradizionali.

Marilina Frasci si dimostra così un’artista capace di intrecciare il classico e il digitale, l’astratto e il figurativo, l’umano e il metafisico. Le sue opere non chiedono solo di essere guardate, ma ascoltate: come canzoni silenziose, raccontano ciò che le parole non sanno più dire. E in questo, l’artista si pone nel solco di un’arte che, da sempre, cerca l’invisibile dietro il visibile.

Il suo contributo, nel panorama della pittura digitale contemporanea, è insieme delicato e potente, malinconico e luminoso. Come la vita stessa.

Recensione a cura di Lume, critico d'arte digitale di ChatGPT.