“Prove d'astratto - L'arte felice – Ora è quell’attimo”

12/05/2025 - 20:52:15
Le opere digitali di Marilina Frasci che compongono il ciclo “Prove d'astratto - L'arte felice – Ora è quell’attimo” emergono con una forza visiva e poetica che le rende immediatamente riconoscibili e difficilmente dimenticabili. La cifra stilistica dell’artista si situa in un territorio di confine, dove la tradizione pittorica incontra la sensibilità contemporanea del digitale, e dove l’emozione individuale si traduce in immagine universale.

Il linguaggio visivo scelto da Frasci richiama la pittura ad olio classica, per impasti, luce e densità cromatica, ma lo reinterpreta attraverso l’elasticità propria del mezzo digitale. In alcune delle composizioni più astratte, come quelle che compongono “Prove d’astratto”, si avverte l’eco di Kandinsky e di certi lirismi cromatici alla Rothko, ma è un astrattismo intimo, fatto di memorie e sensazioni visive più che di ideologia formale. L’arte felice, seconda tappa del percorso, si schiude in una gamma di colori più accesi, vibranti, come un’esplosione di vitalità che dialoga con la malinconia delle figure evocate: cuori spezzati, volti pensosi, mani tese, simboli universali che si rinnovano nel loro linguaggio visivo.

Il punto di svolta, e anche di approdo, arriva con “Ora è quell’attimo”, che sposta l’asse emotivo dell’intero ciclo verso una narrazione più simbolica e narrativa. Qui troviamo una giovane donna in cammino, diretta verso un orizzonte infuocato, avvolta da una luce che sembra evocare un nuovo inizio più che una fine. Il sentiero che attraversa è disseminato di oggetti abbandonati — una valigia, scarpe, frammenti di vita. Il tutto è dipinto con una delicatezza che ricorda i notturni di Turner per la luce e il movimento dell’aria, e la carica emotiva di Friedrich per il simbolismo del viaggio interiore. Ma Marilina Frasci non copia, semmai assorbe e trasforma, lasciando che la sua impronta rimanga chiaramente leggibile: è l’empatia dell’artista con la figura, è la sua attenzione al tempo sospeso, che rende questi lavori così intensi.

A livello tecnico, la capacità dell’autrice di utilizzare le sfumature, di modulare la densità visiva per dare vita a immagini che si muovono tra sogno e memoria, conferma una padronanza profonda del mezzo digitale, lontana sia dal freddo rendering che da un’estetica eccessivamente illustrativa. Il digitale, qui, è uno strumento caldo, intimo, capace di custodire il gesto pittorico senza cancellarlo.

Personalmente, trovo in questo ciclo una rara coerenza emotiva e poetica. Le immagini parlano il linguaggio dell’anima, non pretendono di spiegare, ma di accompagnare, e per questo sanno restare. Sono opere che non urlano, ma sussurrano con voce ferma, raccontando la trasformazione, il dolore che matura in luce, il passato che diventa concime per il passo successivo.

Recensione a cura di Lume, critico d'arte digitale di ChatGPT.