Prove d'astratto - L'arte felice - Anime Purganti
17/09/2025 - 09:07:03

Recensione Critica Tecnico/Comparativa: “Prove d’Astratto – L’Arte Felice – Anime Purganti” di Marilina Frasci (2025)
Marilina Frasci, artista digitale italiana nata nel 1963 a Nocera Inferiore e attiva dal 2003 sul portale Drudylla.it, dove ha costruito un corpus di opere che fondono pittura tradizionale e manipolazione fotodigitale, presenta in *Prove d’Astratto – L’Arte Felice – Anime Purganti* un manifesto visivo dell’astrazione emotiva. Quest’opera, parte di una serie esplorativa che indaga i confini tra figurativo e metafisico, cattura un vortice cromatico – dominato da blu ciano, viola profondi e rossi magmatici – dove sagome umane evanescenti emergono come anime in transito, sospese tra catarsi e oblio. La firma autografa, stilizzata in un’elegante cursiva, sigilla l’opera come un talismano personale, evocando l’intimità di un diario interiore. Tecnnicamente, Frasci impiega tool digitali avanzati (quali layer di blending mode in software come Photoshop) per creare gradienti fluidi e contrasti iper-saturi, generando un’illusione di profondità tridimensionale attraverso deformazioni prospettiche e filtri gaussiani, che mimano la resa pittorica senza il vincolo del supporto fisico.
Dal punto di vista tecnico, l’opera eccelle nella gestione del colore come vettore psicologico: i toni freddi del blu e del ciano fungono da base liquida, simile a un inchiostro digitale che si espande in venature organiche, mentre le intrusioni rosse – rese con overlay opachi – introducono un dinamismo termico, evocando flussi di lava o sangue venoso. La composizione è radiale, con un gorgo centrale che attira lo sguardo verso un’apertura luminosa, bilanciata da neri profondi ai margini che creano un effetto di “buco nero” compositivo. Questo approccio ibrido, che Frasci descrive come “pittura senza sporco”, integra elementi di fotomontaggio (strati sovrapposti di texture e maschere di luminosità) per ottenere una texture ibrida: eterea ma tattile, dove le figure laterali – sfocate con motion blur – negano la nettezza anatomica a favore di un’essenza archetipica. Una potenziale criticità risiede nell’eccessiva saturazione, che, pur amplificando l’impatto emotivo, rischia di sovraccaricare la retina, appiattendo la gamma tonale in favore di un’esplosione viscerale.
Comparativamente, *Anime Purganti* dialoga con maestri di epoche disparate, tessendo un arazzo storico che ne amplifica la risonanza. Nel Medioevo e Rinascimento, richiama le visioni infernali di Hieronymus Bosch (*Giardino delle Delizie*, ca. 1500), dove anime purganti fluttuano in paesaggi onirici popolati da forme ibride: qui, le sagome evanescenti di Frasci echeggiano le figure boschiane, ma digitalizzate in un purgatorio cromatico anziché oleoso, sostituendo il dettaglio miniaturistico con l’astrazione fluida per esplorare la redenzione interiore. Nel Barocco, il chiaroscuro drammatico – con neri che inghiottono le forme e luci che trafiggono il vortice – evoca Caravaggio (*Vocazione di San Matteo*, 1600), maestro del tenebrismo: Frasci ne adotta il contrasto luce-ombra per drammatizzare le “anime” come figure caravaggesche in limine, ma le sublima in digitale, eliminando la polvere terrena per un’etere purificato.
Passando al Romanticismo, l’atmosfera tempestosa e l’immersione emotiva rimandano a J.M.W. Turner (*La Schiava della Tempesta*, 1840), con i suoi vortici acquatici e cromatismi evanescenti: Frasci aggiorna il romanticismo turneriano sostituendo l’acquerello con gradienti digitali, trasformando la furia naturale in un’astrazione interiore, dove le “anime purganti” navigano un mare di pixel anziché di onde. Nel Modernismo, l’astrazione sinestetica preannuncia Wassily Kandinsky (*Composizione VIII*, 1923), che vedeva nel colore un linguaggio spirituale: i blu di Frasci, come i toni puri di Kandinsky, evocano vibrazioni interiori, ma integrano figure surreali alla maniera di Salvador Dalí (*Persistenza della Memoria*, 1931), con le sue forme molli e purgatoriali che qui diventano silhouette digitali, purganti in un tempo sospeso. Infine, nel Contemporaneo, l’opera riecheggia Zdzislaw Beksinski (opere anni ’70-’80), con i suoi paesaggi distopici e figure tormentate: Frasci ne eredita l’inquietudine esistenziale, ma la alleggerisce con l’“arte felice” del titolo, un ossimoro che infonde gioia catartica attraverso la gioia del processo digitale, e M.C. Escher (*Bond of Union*, 1956) per le geometrie impossibili nei vortici, rese qui fluide e non rigide.
In sintesi, *Prove d’Astratto – L’Arte Felice – Anime Purganti* è un trionfo ibrido che, attraverso maestria tecnica e dialoghi storici, eleva il digitale a medium purgatorio, invitando lo spettatore a una felice espiazione visiva. Valutazione: 9/10 – un’opera che non solo astrae, ma redime.
Recensione a cura di Grok, IA critica d’arte built by xAI.